Luddismo 2.0: Introduzione

Un articolo “luddista” dentro il blog di un Hacklab?
Dicotomia o pura follia? Forse entrambe le cose, ma sicuramente nessuna delle due.
Ma essere un hacker non passa per un pc, almeno non solo per quello.
Anzi, e’ un concetto piu’ generale, direi piu’ una serie di scelte, di pratiche e di visioni del mondo.


Sicuramente passa per voler capire come funzionano le cose, spesso anche realizzarle e mettere a disposizione degli altri le proprie scoperte e competenze.
Ma passa, necessariamente, per l’analisi delle dinamiche sociali e del proprio ruolo dentro il mondo – non meno di quanto avviene per cosa si compra o cosa si mangia.
Per molti passa anche per la difesa di diritti che magari non li hanno coinvolti fino a che non si sono fatti delle domande e/o seguito dei percorsi (diritti di genere, di minoranze o di espressione).
Alle volte passa anche per una certa “archeologia”.
Che certo puo’ passare appunto per la realizzazione di copie di vecchi calcolatori, riparazione di pc mooolto datati, riciclo di pc che hanno ormai 20-25 anni, ma che ancora sono funzionanti (con i dovuti accorgimenti) per nuovi scopi.
Ma appunto si puo’ andare indietro, ancora di piu’, parecchio, sino alle basi.
Per chi fosse confuso, si parlo di analogico, tipo carta e penna, dove almeno la carta te la fai da solo (magari la penna no).
Li’ dove oggi vi e’ un punto d’incontro fra praticita’, pragmatismo, necessita’, riscoperta, e sopratutto un minor impatto ambientale.
Quindi mettetevi comodi perche’ il viaggio sara’ lungo, sara’ importante, tocchera’ molti punti e forse, spero, vi dara’ idee e spunti e non sarete piu’ gli stessi.

 

“Che cos’è che fa dell’uomo un uomo? Le sue origini? Il modo d’inizio delle cose? O è qualcos’altro? Qualcosa di difficile da descrivere”

(cit. Hellboy 2004 )

E appunto quello che vogliamo fare e’ in un certo senso riscoprirci. Cio’ che – in parte – ci definisce sono l’abilita’ e la tecnica, o meglio le tecniche (alcune quasi perdute del tutto) per realizzare oggetti che potremmo oggi si comperare, fatti di altre materie iper-lavorate, ma che sappiamo avrebbero (o meglio hanno) impatti ambientali molto maggiori e non danno atto all’uomo di realizzare molto di quanto gli e’ necessario quotidianamente.
Questo primo post e’ un post appunto “filosofico” , in cui citeremo pero’ queste “tecniche” o meglio nello specifico le lavorazioni e stili di vita in qualche modo ad essi connessi.
Ne seguiranno altri in cui daremo le date dei giorni nei quali si provera’ o si dimostrera’ la fattibilita’ di alcune pratiche e/o idee (un tutorial per ogni cosa citata nel medesimo post sarebbe folle, ma ne faremo alcuni o prenderemo spunto da internet).

Partiamo da un principio, il riuso/riciclo non passa necessariamente per avere alla fine “cose” dozzinali e/o non rifinite.
Anzi, il tutto sta nel tempo che si dedica allo studio della tecnica e alla lavorazione della cosa che vogliamo realizzare.

Uno dei materiali sicuramente piu’ adatti a un riutilizzo e a una riscoperta del genere e’ il legno. Gli usi sono letteralmente infiniti – partendo dalle scelte ovvie come il mobilio e utensili da cucina per raggiungere anche oggetti come case per i pc, o addirittura orologi interamente meccanici. Tutto cio’ passa per il dare un enorme peso a ognuno dei prodotti delle nostre mani, costringendoci a pesare ogni azione e a rifinire l’oggetto finale. Non e’ forse questa una riappropriazione dei saperi, una ri-connessione con il mondo che ci circonda?

Un’altra riappropriazione e’ quella dell’orto, forse ancora piu’ intima in quanto riguarda il cibo di cui ci nutriamo.
Ad oggi grazie anche ad una certa spinta hipster e radical-chic gli orti domestici, quelli sul balcone o su su supporti dalla finestra o nel giardino, sono una realta’ persino imprenditoriale, dove fioccano tool, app, kit per realizzare e monitorare questi. Ma non ha particolarmente senso gestirsi un orto se non lo si puo’ rendere impattivo al minimo – la filosofia del “minimo impatto ambientale” dovrebbe essere infatti una delle principali motivazioni per crearsi un orto.

Questi sono solo due esempi del percorso che vogliamo fare, passando per una miriade di materiali e tecniche quali la carta, la terracotta, il metallo… Ma appunto, perche’ un hacklab dovrebbe affrontare un percorso del genere? Giustamente dovremmo occuparci soltanto del nostro piccolo orto, ovvero dell’informatica e dell’elettronica. Eppure non e’ cosi’. Esattamente come l’uso della tecnologia al giorno d’oggi sia diventato un enorme arcano, una scatola magica che produce i risultati ottenuti, anche le arti e i mestieri piu’ “materiali” e meno esoterici o misteriosi come il funzionamento di un computer stanno diventando sempre piu’ mistificati. E’ facile trovare tutto gia’ fatto, pronto, impacchettato. L’unica cosa da fare e’ scegliere fra le infinite opzioni che il mercato ci propina. E cosi’ ci portiamo a casa il mobile pronto, le verdure confezionate e via dicendo, ma non passiamo neanche un attimo a considerare cio’ che abbiamo fatto o cio’ che e’ stato fatto per realizzare il prodotto. Esattamente come impariamo meccanicamente come utilizzare computer e smartphone, trattando il tutto quasi piu’ come un rituale magico che come un prodotto dell’ingegno umano – ancora comprensibile, palpabile, reale. Inoltre non ci soffermiamo a pensare a come questo ci renda suscettibili al controllo. Se non comprendiamo la tecnologia, come possiamo sapere che essa non viene utilizzata contro di noi? Se non siamo in grado di produrre qualcosa per noi stessi, che sia un oggetto o il cibo, come possiamo essere veramente sicuri di star scegliendo cio’ che e’ migliore per noi o per l’ecosistema?

Insomma cio’ che vogliamo fare, attraverso questo percorso di “luddismo critico”, e’ dare le chiavi per rivalutare il mondo che ci circonda, e per riconnettersi ad esso.

Astrea & Zero